Mosé Bianchi, Chioggia sotto la neve
1880-1885
olio su tela, cm 59 x 100
firmato in basso a destra: «Mose Bianchi»
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Nella profonda, morbida atmosfera dell’alba le nubi grigie, metalliche, d’improvviso si fendono aprendosi lentamente ai raggi del sole nascente, l’aria è debolmente irradiata da una luce dolce, che scalda appena le superfici imbiancate di neve. L’acqua brilla, forse per un momento, quello che emoziona la sensibilità dell’artista nel lumeggiare mosso e vibrante di un rapido effetto cromatico, quasi l’impressione di un attimo. Il quadro è dipinto nella seconda metà degli anni Ottanta, quando Bianchi matura l’esigenza di aprirsi alle suggestioni del vero naturale, esperito en plein air e declinato in una “sorprendente dimensione simbolista”, esito di “una nuova coscienza esistenziale” (biscottini, 1996, p. 19). L’afflato poetico del simbolo è tangibile nel ritorno di costanti stilistiche, quali i bagliori nivei del bianco, tanto cari all’artista “nel contrasto con gli scuri bituminosi delle case e delle strade” (p. 28), e nell’elezione dei soggetti lagunari a tema privilegiato della sua pittura di paesaggio posteriore al 1879, per cui la realtà di Chioggia, “il paese più caro all’arte di Mosé Bianchi” (luzzatto, 1925, p. 8), si fa scenario prescelto a esprimere la fluidità cromatica della luce, effusa delicatamente a estendersi su densi manti di neve immacolata, o screziata nelle acque colorate di albe e tramonti: le bellezze di Chioggia, scrive l’artista, “crescono sotto gli occhi con lo starci. Così come può essere dappertutto, ma l’acqua qui ha sempre nuove attrattive” (Biscottini, 1987, p. 30).
Il nostro quadro è appunto emblematico di questa nuova fase della ricerca pittorica di Bianchi, in cui la qualità descrittiva si arricchisce di un sentimento del vero avvertito anzitutto come fusione atmosferica di luce e colore, e l’indagine luminosa serve a creare una particolare tonalità ambientale, generando quasi uno sfocamento impressionista dell’aria, cifra stilistica della pittura scapigliata di area lombarda. Narrazione sommessa, sfumata nell’emulsione di una materia cromatica intrisa di emozioni e pensieri, e tuttavia saldata in un rigoroso controllo prospettico dello spazio, per cui l’architettura dei canali di Chioggia – autentico leitmotiv della pittura di Bianchi – nel suo reiterarsi a inquadrare cromie vibratili e cangianti si fa intarsio simbolico dell’emotività mutevole dell’artista, il quale ama in particolare identificarsi nelle dolci armonie dell’inverno, come nelle visioni innevate di Milano, mentre di Chioggia imbiancata dalla neve è nota, oltre alla veduta in analisi, solo una sua redazione di misure più contenute (cm 49 x 75), già collezione Enrico Regazzoni di Milano. Le due versioni, di contro a quanto sinora affermato, sono le uniche a inquadrare il Canal Vena e il Ponte Caneva dall’angolazione visuale del Ponte di Vigo, ed entrambe sono state esposte a Monza nel 1924 (p. 61, nn. 14-15).
Da rilevare che nel 1884 Bianchi presenta alla XLIII Esposizione Generale Italiana di Torino ben sei opere di soggetto chioggiotto, tra cui spicca un dipinto a olio intitolato 25 Dicembre (Chioggia), prezzato 1.500 lire (p. 10, n. 229): valutazione economica e titolo potrebbero coincidere con formato e soggetto del nostro quadro.
Silvio Balloni
Esposizioni
Villa Reale, Mostra Commemorativa di Mosé Bianchi, maggio-ottobre
Monza, 1924, p. 61, n. 15
Bibliografia
A. M. Comanducci, I pittori italiani dell’Ottocento, Casa Editrice Artisti d’Italia, Milano, 1935, p. 60, tav. VIII; Ottocento Italiano. Pittori e scultori. Opere e mercato (1996-1997), a cura di M. Agnellini, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1996, tav. VIII