La toilette del mattino
1898
olio su tela, cm 120×175
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Nel 1930, Toscanini, abbandonata la Scala dove si lasciava alle spalle uno dei periodi più illuminati che la storia di quel Teatro ricordi, assumeva un incarico altrettanto prestigioso: la direzione della Philharmonic Symphony di New York. Dopo quasi quarant’anni di continui e affannosi spostamenti nei diversi teatri del mondo, ritornava in America dove a breve distanza si sarebbe stabilito definitivamente. Iniziata una nuova era, avrebbe mantenuto il medesimo ritmo frenetico di Milano, in una condizione, però, più distensiva in ragione del diverso clima politico. Successivamente alla soddisfazione di ricevere nel mese di marzo, insieme al poeta Paul Claudel, la laurea ad honorem dall’Università di Washington, Toscanini sarebbe ripartito per una di quelle sue proverbiali tournée che insieme con l’intera orchestra lo avrebbero condotto in giro per tutta l’Europa. E’ proprio durante la tappa al Politeama di Firenze, che Ojetti avrebbe colto l’occasione per trascrivere una serie di vivaci impressioni su quel personaggio così singolare nei confronti del quale la stampa europea aveva continuato a destinare, sin dall’esordio come direttore, un’inesausta attenzione. Del resto Ojetti, protagonista indiscusso del giornalismo e della cultura italiana della prima metà del Novecento, era una conoscenza di vecchia data del Maestro, sin dai tempi del primo conflitto. Una personalità poliedrica, apprezzata e al contempo criticata in ragione delle scelte politiche. Anche Toscanini, nell’autunno del 1917, impegnato a dirigere concerti in onore dei soldati italiani nella zona del Monte Santo e a Cormons, per i quali sarebbe stato decorato con una medaglia d’argento al valore militare, aveva inviato a Grubicy una terzina canzonatoria espressamente rivolta al cririco fiorentino, nei confronti del quale aveva sempre mantenuto una certa distanza: “Se ancor a monte minaccia austriaca duri, tu varchi intrepido l’Isonzo, E una meraviglia splende a la tua faccia Ugo, di bronzo (Mart, Archivio del ‘900, Gru. 1.2.29).”
L’acquisto della Toilette del mattino, nel gennaio del 1930, prima della partenza per New York coincise dunque con un periodo decisivo per il volgere della carriera del Maestro. Nei locali della Galleria Pesaro, quel quadro veniva posto in vendita insieme con gli altri rimasti dopo la morte del pittore nello studio fiorentino di piazza Santa Croce. Un dipinto senz’altro impegnativo e problematico, non solo per le inconsuete dimensioni, ma, soprattutto, per la scelta così esibita di un soggetto ritenuto ancora, all’inizio degli anni trenta, velatamente scomodo. Eppure, a maturare in Toscanini la decisione di acquistarlo, avrebbe contribuito indirettamente proprio Ojetti che, già nel 1911, tratteggiando il profilo di Signorini, ne riconosceva la grande qualità nella “grande scienza di saper scegliere anche pei suoi quadri di figura l’ora e la luce che meglio definiscono la scena e i tipi e i gesti raccolti in una scena” (cfr. op.cit., pp.72-73). A questo proposito citava la Toilette del mattino, esposta per la prima volta nel 1909 a Venezia nella quale, com’è noto, Signorini aveva raffigurato l’interno di una casa di tolleranza del centro storico di Firenze. Proprio alla lucida analisi di quel racconto bohémien, nei confronti del quale a distanza di vent’anni anche uno dei più raffinati conoscitori del melodramma come Luchino Visconti avrebbe colto un geniale spunto per Senso, Toscanini non si sarebbe mostrato indifferente, destinando ad esso un posto d’onore nella sua raccolta. Superato il disaccordo iniziale con la moglie insieme alla quale aveva sempre maturato ogni scelta, il Maestro non lo avrebbe tenuto nascosto agli occhi dei “borghesi benpensanti”. Contrariamente a Signorini che l’aveva sempre custodito rivolto a una delle pareti del proprio studio, egli collocò il quadro nel soggiorno della casa di via Durini. La grande tela costruita con quell’ostinata e tutta cerebrale impostazione prospettica dello spazio, e pervasa dal chiarore proprio di un mattino primaverile, in quella nuova collocazione campeggiava con grande vanto del collezionista che la esibiva con intimo orgoglio. A raccogliere le prime dichiarazioni del Maestro all’indomani dell’acquisto era ancora Ojetti che ne registrava le schiette e crude affermazioni destinate, con il tempo, a rappresentare il suo più fedele specchio: “(…) Il danaro? A che serve il danaro? A vivere in pace? Voglio dire senza fare niente? Che dite? La mia raccolta di quadri? State a sentire. A Milano, lo sai, mi sono comprato in un’asta la Toeletta mattutina di Telemaco Signorini. Quella luce dalle persiane verdi socchiuse, la donna che si pettina davanti allo specchio, l’amico che sbadiglia sul divano… Dovevo privarmi d’un quadro così? Mia moglie (lasciami dire tutto, che è la verità), mi ha rimproverato, m’ha fatto promettere in iscritto che avrei fatto due dischi. E’ vero o non è vero? Dunque ho ragione io. Le mie passioni sono tre: i quadri, quelli, s’intende che piacciono a me, le lettere di Leopardi, le lettere di Mozart” (cfr. pp. 203-204).
E. Palminteri Matteucci in catalogo della mostra Biblioteca di via Senato, Toscanini tra note e colori, Milano, 31 marzo-7 ottobre 2007, pp. 114-115, n. 30