Fornara Carlo (1871-1968). Biografia. Quadri in vendita.
Carlo Fornara nacque a Prestinone (Verbania) nel 1871.
Figlio di contadini, dimostrate da subito doti nel disegno, si formò in una modesta scuola d’arte locale (la "Rossetti Valentini" di Santa Maria Maggiore) dal 1884 al 1891, sotto la guida di Enrico Cavalli.
L'esordio fu in occasione della famosa Esposizione Triennale di Milano del 1891 con i due dipinti Ricordanze e Bottega del calderaio; questi furono esposti nella stessa sala di Maternità di Previati e de Le due madri di Segantini.
Furono proprio l’incontro con la pittura di quest’ultimo e la scoperta dell’arte di Fontanesi ad influenzare notevolmente il suo percorso formativo.
Nel 1894 partì per un primo pellegrinaggio artistico in Francia, mosso dal desiderio di vedere le opere degli Impressionisti.
Studi e ricerche si susseguirono fino al 1897 quando dette inizio al grande quadro En plein air, definito da Pellizza “una forte promessa”.
Inviata alla Triennale di Brera, la tela non venne accettata per “le audacie dei rapporti cromatici, bollate di barbariche stonature”, ma un gruppo di giovani pittori, facenti capo a Giovanni Segantini, la espose al giudizio del pubblico in un negozio di Corso Emanuele.
Il quadro servì poi per rappresentare l’arte italiana all’Esposizione di Pietroburgo e a San Francisco permettendo al pittore di entrare nel cenacolo di Alberto Grubicy e di essere scelto da Segantini come collaboratore per realizzare il grande dipinto Panorama dell’Engandina per l’Esposizione di Parigi del 1900 insieme a Cuno Amiet e Giovanni Giacometti.
En plein air segnò quindi la sua definitiva adesione al Divisionismo.
Da questo momento fu sempre presente alle esposizioni nazionali ed internazionali ottenendo riconoscimenti ufficiali in Inghilterra, Belgio, America Latina.
Nel 1912 presentò quaranta quadri all’esposizione Anglo-Latina di Londra e, due anni più tardi, i trenta quadri alla Biennale veneziana.
Nel 1916 dipinse il suo quadro più grande, La conquista della terra, che sarà collocato nella sala del parlamento della Repubblica Argentina.
Sue opere sono conservate a Milano, presso la Galleria d’Arte Moderna (Fine d’inverno in Val Maggia), nella Quadreria dell’Ospedale Maggiore (Paesaggio di montagna) e nel Museo della Scienza e della Tecnica (Laghetto alpino).
Carlo Fornara morì a Prestinone nel 1968.
CATALOGO OPERE:
Mattinata sulle Alpi
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Favretto Giacomo (1849-1887). Biografia. Quadri in vendita.
Giacomo Favretto nacque a Venezia nel 1849.
Le disagiate condizioni economiche della famiglia spinsero il padre, il falegname Domenico Favretto, a impiegare Giacomo come garzone in una bottega di un cartolaio dove, nei momenti di riposo, il ragazzo si dilettava nell’esecuzione di ritratti di clienti e animali.
Questi primi esperimenti di pittura non passarono inosservati agli occhi dell’antiquario Vincenzo Favenza che convinse il padre a indirizzarlo a un’educazione artistica sistematica.
Fra il '65 e il '70 Giaco Favretto seguì, infatti, i corsi di Grigoletti e di Molmenti all’Accademia di Venezia.
Nel 1873, con La lezione di anatomia (Milano, Galleria d’Arte Moderna), in cui si avverte la tendenza al più spiccato realismo, ottenne il primo successo all’Esposizione di Milano.
Le sue opere risentivano del verismo veneto, di cui egli è considerato l’iniziatore, e dell’influenza del pittore Cammarano, presente spesso a Venezia.
L’amicizia con Guglielmo Ciardi gli permise di avvicinarsi alla corrente macchiaiola. La svolta verso un più accentuato virtuosismo pittorico si ebbe ne Il Sorcio (esposto a Torino nel 1880) o in Vandalismo (esposto a Milano nel 1880).
Le ultimissime opere (Al liston, 1887, Roma Galleria Nazionale d’Arte Moderna; Liston Moderno, coll. privata) riassumono lo spirito dell’artista capace di leggere e di esprimere in chiave moderna l’anima della vita veneziana.
Giacomo Favretto morì nel 1887 a Venezia.
CATALOGO OPERE: Caldo - Ingresso in una casa patrizia in Venezia - Liston moderno
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Fattori Giovanni (1825-1908). Biografia. Quadri in vendita.
Giovanni Fattori nacque a Livorno nel 1825.
Cominciò a lavorare prestissimo presso il banco d’affari del fratello maggiore Rinaldo.
Dimostrando una spiccata inclinazione per il disegno, entrò nella scuola di Antonio Baldini, modesto pittore livornese, sotto il quale compì notevoli progressi.
Nel ’46 prese a frequentare, a Firenze, le lezioni di Giuseppe Bezzuoli.
L’anno successivo si iscrisse , con poca convinzione, all’Accademia di Belle Arti, dove con il suo temperamento indisciplinato conquistò la fama di scolaro molto vivace.
Perfettamente inserito negli ambienti democratici livornesi e fiorentini, nel ’48 visse i fermenti rivoluzionari partecipando in qualità di fattorino del Partito d’Azione all’attività clandestina.
Dal ’50 fu tra i frequentatori più assidui, insieme a de Tivoli e Signorini, del salotto pistoiese dell’architetto Francesco Bartolini e di sua moglie, la poetessa irlandese Luisa Grace.
Frequentò molto anche il caffè Michelangiolo, pur dimostrandosi poco incline alle discussioni artistiche e alle ricerche collettive.
Si dedicò invece ad alcuni temi storico-letterari, come dimostrano dipinti quali I figli di Edoardo IV divisi dalla madre e Ildegonda.
Terminati intanto gli studi accademici, per far fronte alle necessità economiche, disegnò vignette litografiche per diversi giornali;
Giovanni Fattori non abbandonò comunque il principale campo d’indagine, volto a una resa nitida del segno abbinata a forti contrasti tonali che ebbe il suo momento più significativo in Maria Stuarda al campo di Crookstone.
Spronato da Nino Costa, tentò i primi esperimenti di “macchia” dipingendo dal vero i soldati francesi di Gerolamo Bonaparte accampatisi, nella tarda primavera del ’59, al parco delle Cascine a Firenze.
Ancora su esortazione di Costa partecipò al Concorso Ricasoli, risultando vincitore con il bozzetto per Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta.
Nel luglio del ’60 sposò Settimia Vannucci e andò a vivere in via del Maglio a Firenze.
Durante questi primi anni di matrimonio non interruppe gli studi all’aperto come attestano opere quali Contadina nel bosco.
Nel ’64 lavorò a ritratti di familiari e amici come il ritratto de La Cugina Argia, il Ritratto della cognata, della Prima moglie e della Signora Mecatti .
Si dedicò anche a soggetti campestri di grande solennità e pacatezza; ricordiamo infatti: le Acquaiole livornesi, i Costumi livornesi e le Macchiaiole.
Opera quest’ultima che, esposta alla Promotrice fiorentina dell’anno successivo, fu positivamente accolta da Signorini tra le polemiche del pubblico e della critica.
Al periodo livornese risalgono anche alcune tavolette come La punta del Romito e Pastura in Maremma, anticipatrici dell’idea dell’impressione colta dal vero, che di lì a poco sarà alla base de La Rotonda di Palmieri.
Proseguì intanto la realizzazione di soggetti militari sia in grandi scene d’insieme, destinate solitamente alla committenza pubblica, come Carica di cavalleria a Montebello, Un fatto d’arme della guerra d’Italia del 1860, Passaggio del Mincio e Fanterie italiane alla Madonna della Scoperta (opera con la quale sarà premiato, nel ’68, al concorso Berti), sia in composizioni sempre più ridotte, interamente giocate sul dinamismo prospettico dell’evento rappresentato.
Nell’estate del ’67, poco dopo la morte della moglie, Giovanni Fattori fu ospite per la prima volta di Diego Martelli a Castiglioncello.
Qui condivise la precedente esperienza pittorica con il gruppo degli amici macchiaioli riuniti intorno allo scrittore, esercitando un’influenza particolare su Giuseppe Abbati.
Nello stesso tempo cominciò a dedicarsi a soggetti tratti dall’ambiente circostante: buoi bianchi al carro, cavalli bradi in pastura e contadini, riproposti in molteplici varianti.
Riscosse grandi successi cui fecero seguito importanti riconoscimenti ufficiali.
Nel ’69 ricevette, infatti, la prima nomina di docente presso l’Accademia fiorentina; a Parma, nel ‘70, ebbe un premio per il Principe Amedeo ferito a Custoza.
Nel 72, andò Roma, dove rivide probabilmente Costa e espose alla Società Amatori e Cultori Pastura, Maremma toscana, Boscaiole e Vedetta.
Al termine di un soggiorno a Parigi, dove si recò nel’75 in compagnia di Cannicci, Ferroni e Francesco Gioli, Giovanni Fattori fu ospite di quest’ultimo a Fauglia, nella campagna pisana, e a più riprese, tornò a lavorare nella casa di Martelli a Castiglioncello.
Nell’82 si spostò invece, su invito dei Corsini, in Maremma dove trasse spunto per opere ispirate alla vita dei butteri, quali La Marca dei Puledri, Mercato di pecore e Il riposo.
Queste opere, presentate all’Esposizione Internazionale di Venezia dell’87, testimoniano un nuovo modo d’interpretare il paesaggio.
Dall’86, diventato professore di perfezionamento all’Accademia, lasciò trapelare dai suoi quadri una sempre maggiore delusione per la svolta reazionaria subita dalla politica italiana.
Del ’91 è la querelle con alcuni dei allievi, sostenitori della corrente divisionista.
Rappresentò comunque il riferimento obbligato proprio per quella cerchia di pittori toscani che di lì a breve avrebbe dato avvio al rinnovamento artistico del Novecento.
Continuò intanto la sua intensa attività pittorica come attestano le numerose presenze alle più importanti esposizioni italiane e straniere.
Nel 1900, otto anni prima della morte, divenne membro dell’Accademia Albertina di Torino.
Giovanni Fattori morì nel 1908.
CATALOGO OPERE: Garibaldi a Palermo, Manovre di cavalleria, Paesaggio con buoi, Viale Principe Amedeo a Firenze, Carrozze alle Cascine, Paesaggio a Castiglioncello, Pasture in Maremma, L’attendente, Cavalleria italiana con cavalli a riposo, Conduttori di mandrie.
ANTOLOGIA CRITICA: Giovanni Fattori da “Ritratti d’artisti italiani” di Ugo Ojetti, 1911 (prima parte), Giovanni Fattori da “Ritratti d’artisti italiani” di Ugo Ojetti, 1911 (seconda parte),
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De Tivoli Serafino (1826-1892). Biografia. Quadri in vendita.
Serafino De Tivoli nacque a Livorno nel 1826.
Originario di Livorno, fin da ragazzo visse con la famiglia a Firenze.
Qui ricevette un’educazione classica al Collegio degli Scolopi.
Assecondando la sua vocazione, prese a frequentare, la scuola privata di paesaggio di Carlo Markò senior.
Arruolatosi tra i volontari toscani della Prima Guerra d’Indipendenza, nel ’48 combattè a Curtatone e Montanara e, l’anno seguente, partecipò alla difesa della Repubblica Romana.
Entrò in contatto con Gerolamo Induno, Eleutero Pagliano e Nino Costa, Rosa Bonheur e Decamps.
Al ritorno a Firenze fu introdotto da Pasquale Villari nel circolo di Margherita Albana Mignaty, mentre divenne con Signorini e Fattori uno dei frequentatori abituali del salotto dell’architetto pistoiese Francesco Bartolini e di sua moglie, la poetessa irlandese Luisa Grace.
Fece riferimento, inoltre, in alcuni paesaggi (Poggio di Fiesole visto dal canale del Cionfo, Paesaggio con vacche al Pascolo e Arno) a quella maniera “francese” destinata ad apparire così nuova e attraente agli occhi dei futuri Macchiaioli.
Tra i rari esempi pervenuti di questo nuovo indirizzo di ricerca sono due tele della fine degli anni Cinquanta, Il ponte di Legno e Il Pascolo con i relativi studi che, oltre a rivelare una perfetta integrazione tra gli spunti più all’avanguardia della pittura francese e la recente tradizione paesaggistica toscana, dimostrano una fattura, per dirla con Adriano Cecioni, “non mai brutale né agitata” ma “calma e senza pretensione”.
Purtroppo le enormi potenzialità de Tivoli e le aspettative nutrite nei suoi confronti dai contemporanei si esaurirono in fretta lasciando il posto a profonde delusioni.
Già, nel ’62, in occasione della Promotrice fiorentina, Signorini, infatti, evidenziò la tendenza alla cifra nelle opere più recenti.
Due anni dopo, a causa di una discussione politica con quest’ultimo, egli lasciò Firenze. Raggiunse il fratello Felice a Londra, dove si trattenne fino al ’73 quando si trasferì a Parigi.
Qui frequentò, soprattutto, la colonia degli artisti italiani di cui facevano parte Filippo Palizzi, Giuseppe de Nittis, Giovanni Boldini e Vito d’Ancona.
Tornato a Firenze, espose alla Promotrice, dove aveva debuttato con un Paese di composizione nel ’48, alcuni quadri raffiguranti paesaggi laziali, un episodio tratto dalla storia di Roma antica e un Motivo presso il lago di Massaciuccoli.
Tra i primi frequentatori del Caffè Michelangiolo, ne divenne prestissimo uno degli animatori più vivaci, introducendovi artisti più giovani come Telemaco Signorini e Odoardo Borrani e stringendo un’amicizia particolare con Vito D’ancona e con il caricaturista Angiolo Tricca.
Continuò, a partecipare alle più importanti manifestazioni italiane, presentando alle Promotrici fiorentine alcuni dipinti frutto delle gite nell’alta Lucchesia e lungo il corso dell’Arno.
Nel ’55 visitando con Altamura l’Esposizione Universale di Parigi, apprezzò enormemente la pittura della Scuola di Barbizon.
Dal ’76 al Salon espose regolarmente opere frutto delle gite in Normandia e a Bougival, dimostrando una completa adesione ai modi dell’Impressionismo.
Rientrato a Firenze assai provato e in miseria, riprese a dipingere con i vecchi amici nella campagna circostante.
Nel ’91 inviò un quadro a Milano dal titolo A Marly-le-roi ; da allora non mancò di partecipare ogni anno alle Promotrici fin quando, povero e ammalato, si ritirò in una casa di riposo ebraica.
Serafino De Tivoli morì nel 1892.
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De Pisis Filippo (1896-1956). Biografia. Quadri in vendita.
Filippo De Pisis nacque a Ferrara nel 1896.
Terzo di sette fratelli, Filippo de Pisis (pseudonimo di Luigi Filippo Tibertelli) non frequentò le scuole pubbliche ma seguì privatamente gli insegnamenti di alcuni precettori.
Nel 1904 iniziò a disegnare sotto la guida del professore Odoardo Domenichini.
Di nascosto, però, per non ferire il professore, prese lezioni di disegno anche da Angelo e Giovanni Longanesi.
Le sue due prime tavolette - Uccelli e Le passere - risalgono al 1908.
Chiamato a Venezia per la visita militare, venne riformato ma colse l’occasione per studiare Tiziano, Tintoretto e Tiepolo.
Spirito versatile, fu pittore, scrittore e appassionato di botanica (il suo erbario era composto da 1200 fogli).
Nel 1914 si interessò alla poesia futurista e si stabilì a Bologna per frequentare la Facoltà di Lettere.
Tenne corrispondenza con Pascoli e il giovane Gabriele D’Annunzio.
Dopo aver scritto prose, liriche e poesie riunite ne I Canti della Croara e in Emporio, nel 1920, trasferitosi a Roma,si dedicò alla stesura del saggio La città delle 100 meraviglie dove è evidente l’influenza dei fratelli de Chirico.
Nel 1925, in cerca di nuovi stimoli per l'arte, si recò a Parigi per rimanervi quattordici anni.
Qui conobbe Braque, Picasso, Matisse, Cocteau, Max Jacob e Joyce.
Nell’aprile dello stesso anno espose alla Galleria Carmine e, nel 1926, alla Galleria Au Sacre du Printemps, in una mostra organizzata dal mercante Siews.
Sempre in quell’anno fu invitato per la prima volta alla Biennale veneziana.
Nel 1928 prese parte al Salon de l’Escolier in occasione della mostra Les artistes italiens de Paris; uscì inoltre la prima monografia a lui dedicata scritta da Waldemar George.
Negli anni seguenti si susseguirono senza sosta le partecipazioni dell’artista ferrarese alle più importanti rassegne espositive milanesi, romane e parigine.
Nel ‘33 si recò a Londra dove fissò alcuni scorci urbani.
Sei anni dopo , in seguito allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, dovette lasciare Parigi e far ritorno in Italia: qui trascorse brevi soggiorni a Venezia, Rimini, Bologna, Vicenza per poi sostare a Milano presso l’albergo "Vittoria" in via Durini.
Quattro anni più tardi, a seguito dei bombardamenti nel capoluogo lombardo, si trasferì a Venezia dove, l’anno successivo, acquistò una casa.
Girando per le calli in tenuta da “pittore”, con il cavalletto e il pappagallo Cocò sulla spalla, eseguì splendide vedute della città lagunare.
Nel ’47 espose a New York, l’anno seguente alla Biennale (dove fu presente dagli anni Trenta al ’56, con una vasta retrospettiva).
Si manifestarono intanto i primi sintomi della malattia nervosa che lo avrebbe portato a lunghe degenze in clinica.
Dal ’49, tranne brevi soggiorni, fu a Brugherio a Villa Fiorita, dove restò fino alla morte.
Nella serra della casa di cura dipinse le sue ultime nature morte.
Nel ’51 il Castello Estense di Ferrara ospitò la sua prima antologica.
Nel 2006 la città natale gli ha dedicato una mostra commemorativa a 50 anni dalla scomparsa.
Filippo De Pisis morì a Ferrara nel 1956.
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De Nittis Giuseppe (1846-1884). Biografia. Quadri in vendita.
Giuseppe De Nittis nacque a Barletta nel 1846.
Dopo aver appreso i rudimenti dell’arte dal concittadino Giambattista Calò ed essersi trasferito, a seguito del fratello maggiore Vincenzo, a Napoli, s’iscrisse all’Istituto di Belle Arti.
Qui frequentò i corsi di Giuseppe Mancinelli e Gabriele Smargiassi, e iniziò a dedicarsi ad alcuni studi dal vero.
Studi che, due anni dopo, esentato da ogni impegno scolastico in seguito all’espulsione dall’Accademia per motivi disciplinari, intensificò cimentandosi, a diretto contatto con Marco De Gregorio, Federico Rossano e Adriano Cecioni, in una rinnovata pittura di paesaggio dai tratti decisamente antiaccademici.
Sono della metà degli anni Sessanta dipinti quali Casale nei dintorni di Napoli e L’Ofantino.
Erano questi caratterizzati da una resa nitida, quasi fotografica del reale, ma non esenti, talvolta, come nel sorprendentemente maturo Appuntamento nel bosco di Portici, da intuizioni analoghe alle ricerche coeve dei pittori toscani.
Nel ‘67, terminata con la maggiore età la tutela del fratello Vincenzo, compì un viaggio a Roma.
Si recò poi per alcuni mesi a Parigi dove visitò lo studio di Meissonier e conobbe il mercante d’arte Goupil.
Di ritorno fece tappa a Firenze.
Pur sostandovi per un breve periodo, con due studi dal vero e tre quadri presentati alla Promotrice, ma non registrati in catalogo, lasciò un segno profondo negli artisti, che lo accolsero benevolmente.
Sul finire dell’anno espose alla Promotrice di Napoli.
Qui, nel ’64, aveva esordito con le due versioni del dipinto L’avanzarsi della tempesta, Impressioni nelle pianure di Puglia e Una traversata negli Appennini-Ricordo.
Quest’ultimo che venne acquistato dal re Vittorio Emanuele II per la Reggia di Capodimonte.
Fermatosi in Puglia per alcuni mesi, nel ’68 fu di nuovo, salvo periodici rientri in Italia, a Parigi.
Qui, dopo aver sottoscritto un vantaggioso contratto con la Maison Goupil e uno con il mercante tedesco Reitlinger, sposò la giovane Léontine Lucile Gruvelle.
Cominciò quindi a circondarsi delle personalità più in vista della cultura del tempo tra cui Edmond de Goncourt, Dumas figlio, Daudet, Zolà, Degas e Manet.
Al ’69 risale il debutto al Salon con Bosco di Puglia e alcuni quadri in costume alla maniera di Meissonier e Fortuny.
Nella primavera del ’70 rivide Cecioni che fu suo ospite per un lungo periodo prima di trasferirsi in rue Lepic; ma fu proprio da alcuni contrasti sorti durante questa stretta convivenza che l’amicizia tra i due entrò in una crisi profonda.
Costretto dallo scoppio della guerra franco-prussiana, tornò in Italia dove, dopo aver confermato i noti accordi con Goupil, si trattenne probabilmente per esigenze di mercato prima in Puglia poi in Campania, dipingendo a fianco di Signorini, Rossano e De Gregorio, la serie delle Vedute del Vesuvio, secondo una rinnovata semplificazione cromatica e formale perfettamente in linea con il gusto del tempo.
Rientrato a Parigi a metà febbraio del ’73, si dedicò a una pittura d’immediata notazione di costume, attenta ai simboli della modernità, restituendo in opere come Guidando al Bois, Ritorno dalle corse e Che freddo (con il quale si distinse al Salon del ’74) un vivace spaccato della vita della capitale.
Su invito di Degas, partecipò, inoltre, con cinque dipinti alla prima Esposizione degli Impressionisti al Boulevard des Capucines, nello studio del fotografo Nadar.
Trascorse la primavera e l’estate del’74 a Londra dove ottenne altrettanto successo che in Francia.
Da allora, dividendosi tra Parigi, Londra e l’Italia, ebbe modo di affinare sempre più le capacità di acuto osservatore della realtà.
Si concentrò soprattutto su alcuni aspetti della vita metropolitana legati alla mondanità, all’eleganza, al brulichio di figure colte nei momenti di tempo libero o di svago, così ben rappresentato in Place des Pyramides.
Uno dei suoi temi prediletti continuò, però, ad essere quello delle corse e delle passeggiate equestri, amate dagli impressionisti e in particolare da Degas.
Lo attestano oltre che il dipinto Flirtation, il trittico delle Corse ad Auteuil e i quadri delle Corse a Longchamps.
Fu, frattanto, introdotto dall’amico Edmond de Goncourt, con il quale condivise la passione per l’arte giapponese, nel salotto della principessa Matilde Bonaparte, rievocato in un grande quadro dell’83 (Barletta, Museo Civico).
Giuseppe De Nittis morì a Saint-Germain-en-Laye (Francia) nel 1884.
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D'ancona Vito (1825-1884). Biografia. Quadri in vendita.
Vito D'Ancona nacque a Pesaro nel 1825.
Cresciuto nell’ambiente ricercato e colto che circondava lo zio materno Laudadio Della Ripa, un ricco commerciante di origine ebraica e, seguendo gli insegnamenti dell’incisore Samuele Jesi, dimostrò una certa propensione per la pittura che si sarebbe manifestata appieno solo dopo il trasferimento a Firenze.
Qui, frequentando i corsi di Giovanni Bezzuoli, ricevette“il primo latte all’Accademia”.
Alternandosi tra Pisa, ove risiedeva la famiglia, e la dimora fiorentina dei Della Ripa in Via San’Egidio, ebbe molteplici stimoli culturali.
Nel 1846 esordì con La preghiera, uno “studio dal vero”, come indicato nel catalogo della Promotrice di Firenze.
Poco più che ventenne, perseguendo gli ideali risorgimentali, prese parte, insieme a numerosi artisti e intellettuali fiorentini, all’amico de Tivoli e ad altri allievi dell’Accademia, tra cui Ussi e Lega, alla Campagna del’48.
Ritornato a Firenze divise, per breve tempo, con il francese Augusto Arnaud, uno studio in via della Pergola, nelle immediate vicinanze del teatro; partecipò di nuovo alla Promotrice del ‘51 con un accademico Ritratto di Gioacchino Rossini, suo compatriota e amico di famiglia.
Nel ’55 incontrò Signorini e, dopo averlo iniziato a Balzac e ai naturalisti francesi, intraprese con lui un viaggio nei principali centri artistici dell’Italia settentrionale.
Visitò così Bologna, Mantova, Verona, Trieste e Venezia dove studiò “nei musei e nei canali” e si intrattenne in piacevoli discussioni sulla “pittura nuova” al Caffè Florian, con Leighton, Gamba e Abbati.
Rientrato a Firenze espose Il ritorno dal ballo, uno dei primi soggetti di vita contemporanea.
Non abbandonò, però, la ricerca sul tema di storia.
In occasione della Prima Esposizione Italiana del ’61 infatti, si presentò con un dipinto tratto da un episodio della vita di Dante.
Pur essendo premiato, rifiutò il riconoscimento, solidale con un gruppo d’artisti in polemica con la composizione della giuria.
Prese intanto parte sempre più assiduamente alle animate discussioni del Caffè Michelangiolo, facendosi portavoce delle nuove sperimentazioni di “macchia”.
Ai primi anni ’60 risale Portico che, insieme alla Signora in giardino, a Studio di paese e a pochi altri lavori, attesta partecipazione all’esperienza macchiaiola.
Nel ’67 si recò a Parigi, lasciando la sua giovanissima compagna Elvira Caterina Bistondi e la figlia.
Qui restò per sette anni frequentando, oltre agli artisti locali, tra cui Corot e Courbert, anche i pittori italiani.
Si dedicò essenzialmente, con quadri quali La finestra sul pomaio, Al pianoforte e Signora in conversazione, a temi intimi e domestici legati alla vita agiata della famiglia del fratello presso il quale abitava.
Nel frattempo cominciò a eseguire nudi di donna e raffigurazioni di ciociare, soggetti che non avrebbe mai più abbandonato.
Quando Signorini lo ritrovò, nel ’73, in occasione di un viaggio a Parigi riconobbe ancora in lui un vivo interesse per le novità in campo artistico.Ritornando a Firenze nel ’74, s’impegnò in molteplici battaglie culturali.
Ricordiamo soprattutto quella tesa ad impedire il crescente accentramento a Roma della vita artistica italiana.
Nel ’77 all’Esposizione di Napoli ricevette il premio per A porte chiuse:
L'anno successivo le complicazioni della malattia gli impedirono quasi del tutto di lavorare, fino alla morte.
Vito D'Ancona morì a Firenze nel 1884.
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Dalbono Edoardo (1841-1915). Biografia. Quadri in vendita.
Napoli 1841 - 1915
La sua prima formazione artistica è da ricondursi alla frequentazione degli studi di Gigante, Morelli e Carelli. Nel 1854 si iscrisse all’Accademia di Napoli, frequentando le lezioni di Mancinelli e Nicola Palizzi. Cinque anni più tardi si presentò alla Promotrice con tre dipinti (Studio di mulino, Veduta d’una campagna e il San Luigi di Vincennes).
Alle opere di soggetto storico-mitologico alternò lo studio del paesaggio, sull’esempio della scuola di Resina (La terrazza, 1866 ca., Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna). Espose con frequenza a Napoli, dal 1863 al '78, presentando tele che rivelano l’influenza del realismo di Palizzi (Da Frisio e Santa Lucia, 1866).
Nel 1870 si aggiudicò il primo premio all’Esposizione Nazionale di Parma con La scomunica di Re Manfredi (1867).
L'anno successivo espose alla Società Promotrice di Belle Arti napoletana La leggenda delle sirene (Napoli, Museo di San Martino).
Determinante per la sua evoluzione pittorica risultò l’incontro con Mariano Fortuny, dal quale riprese l’impostazione scenografica e il virtuosismo della pennellata (Sirene moderne, 1874, collezione privata; La canzone di Piedigrotta, 1885, Trieste, Museo Revoltella). Dal 1872 si stabilì, per circa quattro anni, a Parigi dove, grazie all’amico de Nittis, conobbe il mercante d’arte Goupil, per il quale lavorerà eseguendo motivi partenopei di indubbio fascino. Fin da giovane si dedicò all’illustrazione di riviste di attualità (L’Illustrazione italiana) e all’attività di decoratore di chiese e palazzi per la borghesia napoletana. Dal 1897 ebbe della cattedra di pittura presso il Reale Istituto di Belle Arti e nel 1905 e divenne curatore della Pinacoteca del Museo Nazionale di Napoli.
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Croatto Bruno (1875-1948). Biografia. Quadri in vendita.
Bruno Croatto nacque a Trieste il 12 aprile 1875.
Formatosi nella sua città presso l’Imperial Scuola Industriale dello Stato con Garzolini, si recò poi, dal 1892 al 1894, a Monaco di Baviera, per seguire all'Accademia un corso di studi biennale tenuto dai pittori Gabriel Von Hackl e Anton Aschbe.
Rientrato a Trieste, nel 1897 iniziò ad esporre alla Biennale di Venezia e alla III Triennale di Milano.
Si iscrisse inoltre al Circolo Artistico di Trieste.
Pur legato alla sua città nel 1908 si trasferì ad Orvieto in cerca di nuovi stimoli: qui iniziò a dedicarsi all’incisione, tecnica nella quale si distinguerà.
Durante gli anni Dieci viaggiò molto trascorrendo lunghi periodi a Venezia, Napoli e Roma.
Durante la prima guerra mondiale evitò la chiamata alle armi dell’impero asburgico rifugiandosi in una clinica urbana.
Attratto inizialmente dalla pittura impressionista di matrice tedesca, in seguito concentrò le sue doti artistiche nel genere della natura morta, prendendo spunto dalla pittura olandese del Seicento e, dopo il 1931, nella ritrattistica subendo l’influenza della pittura italiana del Quattrocento.
Negli anni Venti, trasferitosi a Roma , ritornò alla pittura ad olio. In questo periodo partecipò alle più importanti manifestazioni espositive nazionali: nel 1920 fu alla Biennale di Venezia, alla Primaverile fiorentina (dove ottenne il “Primo premio-Diploma d’Onore”)e alla Promotrice torinese ; l'anno dopo partecipò alla I Biennale romana (dove tornò nel 1923 e nel 1925).
Nel 1924 espose, per l’ultima volta, alla Biennale di Venezia e nel 1927 alla Quadriennale di Torino.
Sei anni più tardi tenne una personale alla Camera degli artisti di Roma.
Per tutti gli anni Trenta continuò a partecipare ad esposizioni collettive allestendo anche alcune personali.
Ricordiamo le mostre presso la Bottega d’Arte di Livorno nel 1932 e nel 1934 e quella alla Galleria Scopinich di Milano del 1935.
Bruno Croatto morì a Roma nel 1948.
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Cremona Tranquillo (1837-1878). Biografia. Quadri in vendita.
Tranquillo Cremona nacque a Pavia nel 1837.
Rimasto orfano in tenera età, manifestò fin da giovanissimo interesse per la pittura.
Si iscrisse così, nel 1848, alla scuola di Pittura di Pavia diretta da Trecourt.
Qui fece la conoscenza di Carnovali, detto il Piccio, e di Faruffini, entrambi tra i suoi principali punti di riferimento.
Nel 1852, su invito del fratellastro Giuseppe Cremona, si trasferì a Venezia iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti dove ebbe modo di studiare i maestri veneti del Quattro e Cinquecento (Un falconiere del XVI secolo, esposto a Brera nel 1859).
Trasferitosi a Milano nel 1859, seguì i corsi di Bertini a Brera dando inizio a una produzione improntata alle tematiche di storia medievale in cui erano evidenti non solo gli influssi del maestro ma anche di Hayez (Una visita alla tomba di Giulietta e Romeo, 1862, Milano, Galleria d’Arte Moderna).
All’annuale di Brera del 1863 ripropose una replica del Falconiere (Milano, Galleria d’Arte Moderna) molto apprezzata dalla critica per la spigliatezza e spontaneità della composizione.
E’ in quest’anno che cominciò a frequentare i futuri Scapigliati, un gruppo di artisti di cui Cremona condividerà le scelte poetiche e lo stile di vita.
Tra questi il pittore pavese strinse rapporti di amicizia con il pittore Ranzoni, con lo scultore Grandi, i letterati Dossi e Rovani e il musicista Catalani.
Nonostante gli intensi rapporti culturali, la sua produzione rimase legata ai soggetti romantici e ai ritratti.
Si ricordino, a questo proposito, opere quali Tradita, 1866, (Milano, collezione Crespi); Idillio, 1868, (Milano, collezione Crespi Morbio); i ritratti di Carlo e Guido Pisani Dossi , 1867, (Corbetta, proprietà don Pisani Dossi); il ritratto di Nicola Massa, 1867, (Pavia, Pinacoteca Malaspina); di Luigi Perelli, 1867, (Milano, Galleria d’Arte Moderna).
Assorbita la lezione del Piccio e del Faruffini, dette origine a una nuova maniera pittorica consistente nell’eliminazione dei contorni netti e definiti delle figure e nello sfaldamento delle forme in favore della luce.
Dal 1874 i temi preferiti furono la giovinezza come si evince da opere quali Silenzio amoroso, (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna); L’edera, 1878, (Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna) e i ritratti :Maria Marozzi, 1873, Dario Papa, 1874, Signora Deschamps, 1875, (Milano, Galleria d’Arte Moderna); V. Grubicy, 1877, (collezione privata).
Negli anni ’70 aumentò inoltre la produzione di acquarelli (I cuginetti, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna; High-life, Milano, Galleria d’Arte Moderna), tecnica più adatta al suo tratto veloce e spigliato.
Al 1873-’74 risalgono invece le nomine a direttore della Scuola di Pittura di Pavia e a socio onorario dell’Accademia di Brera.
Tranquillo Cremona morì a Milano nel 1878.