Giovanni Fattori nacque a Livorno nel 1825.
Cominciò a lavorare prestissimo presso il banco d’affari del fratello maggiore Rinaldo.
Dimostrando una spiccata inclinazione per il disegno, entrò nella scuola di Antonio Baldini, modesto pittore livornese, sotto il quale compì notevoli progressi.
Nel ’46 prese a frequentare, a Firenze, le lezioni di Giuseppe Bezzuoli.
L’anno successivo si iscrisse , con poca convinzione, all’Accademia di Belle Arti, dove con il suo temperamento indisciplinato conquistò la fama di scolaro molto vivace.
Perfettamente inserito negli ambienti democratici livornesi e fiorentini, nel ’48 visse i fermenti rivoluzionari partecipando in qualità di fattorino del Partito d’Azione all’attività clandestina.
Dal ’50 fu tra i frequentatori più assidui, insieme a de Tivoli e Signorini, del salotto pistoiese dell’architetto Francesco Bartolini e di sua moglie, la poetessa irlandese Luisa Grace.
Frequentò molto anche il caffè Michelangiolo, pur dimostrandosi poco incline alle discussioni artistiche e alle ricerche collettive.
Si dedicò invece ad alcuni temi storico-letterari, come dimostrano dipinti quali I figli di Edoardo IV divisi dalla madre e Ildegonda.
Terminati intanto gli studi accademici, per far fronte alle necessità economiche, disegnò vignette litografiche per diversi giornali;
Giovanni Fattori non abbandonò comunque il principale campo d’indagine, volto a una resa nitida del segno abbinata a forti contrasti tonali che ebbe il suo momento più significativo in Maria Stuarda al campo di Crookstone.
Spronato da Nino Costa, tentò i primi esperimenti di “macchia” dipingendo dal vero i soldati francesi di Gerolamo Bonaparte accampatisi, nella tarda primavera del ’59, al parco delle Cascine a Firenze.
Ancora su esortazione di Costa partecipò al Concorso Ricasoli, risultando vincitore con il bozzetto per Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta.
Nel luglio del ’60 sposò Settimia Vannucci e andò a vivere in via del Maglio a Firenze.
Durante questi primi anni di matrimonio non interruppe gli studi all’aperto come attestano opere quali Contadina nel bosco.
Nel ’64 lavorò a ritratti di familiari e amici come il ritratto de La Cugina Argia, il Ritratto della cognata, della Prima moglie e della Signora Mecatti .
Si dedicò anche a soggetti campestri di grande solennità e pacatezza; ricordiamo infatti: le Acquaiole livornesi, i Costumi livornesi e le Macchiaiole.
Opera quest’ultima che, esposta alla Promotrice fiorentina dell’anno successivo, fu positivamente accolta da Signorini tra le polemiche del pubblico e della critica.
Al periodo livornese risalgono anche alcune tavolette come La punta del Romito e Pastura in Maremma, anticipatrici dell’idea dell’impressione colta dal vero, che di lì a poco sarà alla base de La Rotonda di Palmieri.
Proseguì intanto la realizzazione di soggetti militari sia in grandi scene d’insieme, destinate solitamente alla committenza pubblica, come Carica di cavalleria a Montebello, Un fatto d’arme della guerra d’Italia del 1860, Passaggio del Mincio e Fanterie italiane alla Madonna della Scoperta (opera con la quale sarà premiato, nel ’68, al concorso Berti), sia in composizioni sempre più ridotte, interamente giocate sul dinamismo prospettico dell’evento rappresentato.
Nell’estate del ’67, poco dopo la morte della moglie, Giovanni Fattori fu ospite per la prima volta di Diego Martelli a Castiglioncello.
Qui condivise la precedente esperienza pittorica con il gruppo degli amici macchiaioli riuniti intorno allo scrittore, esercitando un’influenza particolare su Giuseppe Abbati.
Nello stesso tempo cominciò a dedicarsi a soggetti tratti dall’ambiente circostante: buoi bianchi al carro, cavalli bradi in pastura e contadini, riproposti in molteplici varianti.
Riscosse grandi successi cui fecero seguito importanti riconoscimenti ufficiali.
Nel ’69 ricevette, infatti, la prima nomina di docente presso l’Accademia fiorentina; a Parma, nel ‘70, ebbe un premio per il Principe Amedeo ferito a Custoza.
Nel 72, andò Roma, dove rivide probabilmente Costa e espose alla Società Amatori e Cultori Pastura, Maremma toscana, Boscaiole e Vedetta.
Al termine di un soggiorno a Parigi, dove si recò nel’75 in compagnia di Cannicci, Ferroni e Francesco Gioli, Giovanni Fattori fu ospite di quest’ultimo a Fauglia, nella campagna pisana, e a più riprese, tornò a lavorare nella casa di Martelli a Castiglioncello.
Nell’82 si spostò invece, su invito dei Corsini, in Maremma dove trasse spunto per opere ispirate alla vita dei butteri, quali La Marca dei Puledri, Mercato di pecore e Il riposo.
Queste opere, presentate all’Esposizione Internazionale di Venezia dell’87, testimoniano un nuovo modo d’interpretare il paesaggio.
Dall’86, diventato professore di perfezionamento all’Accademia, lasciò trapelare dai suoi quadri una sempre maggiore delusione per la svolta reazionaria subita dalla politica italiana.
Del ’91 è la querelle con alcuni dei allievi, sostenitori della corrente divisionista.
Rappresentò comunque il riferimento obbligato proprio per quella cerchia di pittori toscani che di lì a breve avrebbe dato avvio al rinnovamento artistico del Novecento.
Continuò intanto la sua intensa attività pittorica come attestano le numerose presenze alle più importanti esposizioni italiane e straniere.
Nel 1900, otto anni prima della morte, divenne membro dell’Accademia Albertina di Torino.
Giovanni Fattori morì nel 1908.
CATALOGO OPERE: Garibaldi a Palermo, Manovre di cavalleria, Paesaggio con buoi, Viale Principe Amedeo a Firenze, Carrozze alle Cascine, Paesaggio a Castiglioncello, Pasture in Maremma, L’attendente, Cavalleria italiana con cavalli a riposo, Conduttori di mandrie.
ANTOLOGIA CRITICA: Giovanni Fattori da «Ritratti d’artisti italiani» di Ugo Ojetti, 1911 (prima parte), Giovanni Fattori da «Ritratti d’artisti italiani» di Ugo Ojetti, 1911 (seconda parte),
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