da Il Giornale dell’Arte, luglio-agosto 2015
Spregiudicato imprenditore di se stesso, artefice di una avveduta politica di costruzione della propria carriera, abile promotore della propria immagine di ritrattista, sensibile interprete del proprio tempo. Questo è il Boldini che emerge dalle carte che costituiscono il fondo epistolare conservato nel Museo Boldini di Ferrara, oltre seicento tra lettere, telegrammi, biglietti da visita, documenti e attestazioni, inviati e ricevuti dall’artista durante la sua lunga carriera trascorsa a Parigi, tra il 1871 e il 1931.La corrispondenza intrattenuta con un’ampia cerchia di interlocutori (da Giuseppe Verdi a Edgar Degas, da Claude Monet a Sergej Diaghilev, da Robert de Montesquiou a Luisa Casati), pubblicata di recente a cura di Barbara Guidi, integrata da autografi inediti del pittore conservati in archivi europei e americani, permette di ripercorrere la stagione creativa di uno dei piu celebri artisti della Belle Epoque, dal suo arrivi a parigi all’affermazione come ritrattista di fama internazionale, fino agli ultimi anni in cui l’anziano Boldini consegna ai corrispondenti la nostalgia dei suoi ricordi. Una fitta trama di informazioni (appuntamenti, accordi per sedute di posa, commissioni per la realizzazione di celebri ritratti, inviti a esporre o a prendere parte a comitati e giurie, pianificazioni di viaggi di lavoro in capitali come Londra e New York) offerte alla lettura nella forma rapsodica e frammentaria della comunicazione epistolare, consente non solo di tracciare lo scenario di un’epoca di grande fascino, ma anche di apportare significative precisazioni alla letteratura sul pittore. A emergere è un ritratto d’artista sfaccettato e complesso, il cui percorso fu fortemente legato alle trasformazioni che incorsero nel sistema dell’arte alla fin-de-siècle, trasformazioni cui Boldini concorse al pari di altri grandi del tempo, da Sargent a Whistler, da Sorolla a Rodin. Con essi condivise un progetto di affermazione basato su criteri mercantili ed espositivi nuovi, sulla costruzione di una rete di rapporti sociali e sulla creazione di una nuova élite artistica proiettata in una prospettiva internazionale. L’emergere dai documenti di elementi che suggeriscono nuovi filoni di ricerca e stimolano affondi in ambiti del percorso boldiniano oggi non ancora sufficientemente indagati (da una precoce fortuna critica fortuna critica goduta negli Stati Uniti negli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento come paesaggista e pittore di genere, alle strategiche scelte circa la committenza e l’affiliazione a precise vetrine espositive cosmopolite compiute in una prospettiva critica volta a permettere una sempre maggiore comprensione della sua opera che, appare ormai chiaro, travalica la scontata e limitativa immagine del celebre ritrattista del bel mondo internazionale.