Gioli Francesco (1846-1922). Biografia. Quadri in vendita.
Francesco Gioli nacque a San Frediano a Settimo (Pisa) il 29 giugno 1846.
Frequentò l’Accademia pisana sotto la guida dell’allora direttore Marianini; la morte di quest’ultimo nel 1863 lo spinse a spostarsi a Firenze dove continuò gli studi seguendo gli insegnamenti di Pollastrini e successivamente di Ciseri.
Nel 1868 esordì a Firenze con il dipinto Carlo Emanuele di Savoia che caccia l’ambasciatore spagnolo per il quale venne premiato anche a Pistoia.
Grazie ai contatti con Telemaco Signorini e Giovanni Fattori, approdò alla pittura dal vero di soggetto campestre: Incontro in Maremma, Passa il viatico, Il guado e Mietitura costituiscono l’espressione del Naturalismo toscano in cui egli riuscì a trasmettere la nostalgia dei tempi trascorsi e il disagio nei confronti dell’avanzare del progresso.
Agli inizi del Novecento orientò la produzione sulle vedute fiorentine dando particolare risalto alla resa atmosferica e luministica in senso impressionista (Tramonto d’autunno, 1902; Vecchi suoni, 1914) sulla base dei dipinti internazionali ammirati alle Biennali veneziane. Fu professore all’Accademia di Bologna e di Firenze.
Nel 1914 la Biennale di Venezia gli riservò una sala personale con 53 opere, decretandone il successo a livello internazionale.
Francesco Gioli morì il 4 febbraio 1922 a Firenze.
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ANTOLOGIA CRITICA: Focus su Francesco e Luigi Gioli
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Gigante Giacinto (1806-1876). Biografia. Quadri in vendita.
Giacinto Gigante nacque a Napoli nel 1806.
Dopo aver ricevuto i primi rudimenti di pittura dal padre Gaetano, noto frescante napoletano, iniziò la carriera eseguendo soprattutto paesaggi e ritratti (Vecchio pescatore seduto, 1818).
Nel 1820, con l’amico Achille Vianelli, frequentò lo studio dello svizzero Huber.
Da questo imparò l’uso dell’acquerello e della camera ottica.
Era questa una tecnica che permetteva di tracciare il contorno del paesaggio su un supporto lucido e poi ricalcarlo su un foglio da disegno).
Nello stesso anno venne assunto come disegnatore presso il Real Ufficio Topografico di Napoli dove approfondì, oltre all’acquaforte, la tecnica della litografia (Marina grande di Capri, Napoli, Museo di Capodimonte).
Con la partenza di Huber da Napoli nel 1822, Giacinto Gigante entrò nella scuola di Sminck van Pitloo a Vico del Vasto (Chiaia).
Qui eseguì il suo primo dipinto ad olio (Il lago di Lucrino, 1824, Napoli, Museo di San Martino), en plein air, e frequentò molto assiduamente Duclère, Carelli e Smargiassi che costituiranno, insieme a lui, il nucleo centrale della Scuola di Posillipo.
Nel 1826 si trasferì a Roma frequentando lo studio di Wolfenberger per il quale eseguì numerosi paesaggi.
Nello stesso anno partecipò alla I Esposizione Borbonica di Napoli esponendo due vedute romane e due paesaggi campani.
Nel febbraio 1831 sposò Eloisa Vianelli, sorella di Achille.
Tra il 1929 e il 1932 si dedicò all’attività grafica illustrando con Vedute di Napoli e dintorni l’opera Viaggio pittorico nel Regno delle Due Sicilie.
Durante gli anni Venti Gigante fece la conoscenza del pittore russo Sil'vestr Feodosievič Ščedrin.
Tramite lui entrò in contatto con l’ambasciata russa e gli aristocratici di passaggio a Napoli.
Divenne così, a metà degli anni ’30, uno dei loro artisti preferiti (Veduta di Napoli dalla Tomba di Virgilio e Veduta di Napoli dalla villa Graven, eseguite per lo zar Nicola I, i ritratti del principe Hotgetrouby, di Dolgoruki e del conte Potosky, Napoli, Museo di Capodimonte e Museo di San Martino).
Nel 1846 lo Zar Nicola I lo inviò in Sicilia come maestro di disegno della Zarina Alessandra (Il teatro di Taormina). Tre anni più tardi sarà l’insegnante delle figlie di Ferdinando II e esecutore di vedute di Gaeta per la regina Maria Teresa.
Dagli inizi degli anni ’60 si concentrò sulla pittura di interni preferendo chiese e conventi (Interno di San Giovanni a Carbonara e Interno di Donnaregina, Napoli, Museo di San Martino; Cappella del tesoro di San Gennaro, 1863, Napoli, Museo di Capodimonte).
Giacinto Gigante morì a Napoli nel 1876.
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Ghiglia Oscar (1876-1945). Biografia. Quadri in vendita.
Iniziata la carriera artistica come autodidatta, negli anni Novanta Oscar Ghiglia frequentò i pittori livornesi Manaresi e Micheli, nel cui studio conobbe Modigliani, De Witt e Lloyd.
Nel 1900 si trasferì a Firenze per studiare le opere conservate nei musei e per frequentare l’atelier di Fattori.
Qui, su consiglio di quest’ultimo, seguì la Scuola libera di nudo entrando in contatto con Vinzio, Soffici e Melis.
Esordì con successo nel 1901 alla Biennale veneziana con un Autoritratto.
Il 1902 fu l'anno in cui espose alla mostra della Società Promotrice di Belle Arti di Firenze.
Nello stesso periodo sposò Elisa Morandini.
Il Ritratto della moglie fu presentato nel 1903 nella “sala toscana” alla Biennale di Venezia.
Fondamentale per il pittore livornese fu, intorno al 1908-’09, l’incontro con Gustavo Sforni, anch’egli pittore e amico di Fattori, nonché uno dei primi italiani a collezionare opere di Degas, Van Gogh e Cézanne.
Fu infatti Sforni che, nel 1911, propose a Ghiglia un contratto per tutta la vita di lire 500 al mese, in cambio di un diritto di prelazione sulle opere.
Nel 1910 Soffici organizzò al Lyceum fiorentino una mostra sugli Impressionisti, in cui Ghiglia trovò conferma alla sua volontà di integrare la pittura della “macchia” con l’arte francese.
Sono di questi anni infatti le celebri opere che testimoniano tale sintesi (Anfore e zucca, 1912-‘13; La sedia rossa e Calle e arance,1913; l’Autoritratto con Sforni, 1913-’14 ca.).
Dal 1914 Oscar Ghiglia trascorse lunghi periodi a Castiglioncello, dedicandosi alla realizzazione di nature morte, tema a lui molto caro.
Il critico Ugo Ojetti fu per l'intera carriera suo fervente sostenitore. Fu certamente per questo motivo che, nel 1908, l’artista toscano eseguì una delle sue opere più rappresentative, La signora Ojetti nel roseto.
Oltre a questa, nel 1909-’10 realizzò La toilette della signora Ojetti e il Ritratto di Ugo Ojetti nello studio.
Verso il 1929 prese parte a una mostra della Galleria Pesaro di Milano insieme ai due figli Valentino e Paulo, anch’essi pittori.
Nel 1935 si colloca la sua ultima partecipazione di rilievo, quella alla seconda Quadriennale di Roma, con un numero notevole di opere.
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Composizione con arancia e foglia rossa
Natura morta con chitarra e limoni
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Fragiacomo Pietro (1856-1922). Biografia. Quadri in vendita.
Pietro Fragiacomo nacque a Trieste nel 1856.
Nel 1871 si trasferì a Treviso, avendo trovato lavoro come disegnatore alla Società Veneta di Costruzioni Meccaniche.
Nel 1877, rientrato a Venezia, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti, seguendo i corsi di pittura di paesaggio di Guglielmo Ciardi e Bresolin e quelli di prospettiva di Viola.
Il consolidamento dell’amicizia con Favretto è visibile in Un curioso accidente, presentato nel 1880 all’Esposizione Nazionale di Torino.
La predilezione per soggetti lagunari traspare in numerosi dipinti realizzati nel 1890 (In laguna, Sera, Venezia, Mattina sulla laguna) e presentati alla I Esposizione del Circolo Artistico di Trieste.
Con Pace e D’inverno (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) ottenne il sospirato successo alla Triennale milanese del 1891.
Dopo i numerosi viaggi a Monaco, Costantinopoli e Monaco di Baviera, grazie all’importanza assunta nel contesto artistico veneziano, entrò, nel 1895, nel comitato ordinatore dell’Esposizione Internazionale d’arte di Venezia accanto a Guglielmo Ciardi, Tito e Nono.
Numerose furono da quel momento le partecipazioni alla Biennale veneziana e molti dei dipinti entrarono alla Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro (Al vento, 1897; Tramonto triste, Piazza San Marco, 1899; Le rondini).
Il gran numero di artisti internazionali riuniti alla rassegna veneta dette a Pietro Fragiacomo la possibilità di confrontarsi con nuove correnti pittoriche (Art Nouveau), i cui influssi si riscontrano in quadri come Armonie del silenzio (Firenze, Galleria d’arte moderna) e I pioppi (Piacenza, Galleria Ricci Oddi).
Anche nel ‘900 Favretto prese parte alla maggiori rassegne artistiche nazionali.
Tra queste la Promotrice di Torino, la Società degli Amatori e Cultori di Roma e Ca’ Pesaro a Venezia.
Nel 1918 allestì una personale con 133 opere alla Galleria Pesaro di Milano.
Pietro Fragiacomo morì a Venezia nel 1922.
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Fornara Carlo (1871-1968). Biografia. Quadri in vendita.
Carlo Fornara nacque a Prestinone (Verbania) nel 1871.
Figlio di contadini, dimostrate da subito doti nel disegno, si formò in una modesta scuola d’arte locale (la "Rossetti Valentini" di Santa Maria Maggiore) dal 1884 al 1891, sotto la guida di Enrico Cavalli.
L'esordio fu in occasione della famosa Esposizione Triennale di Milano del 1891 con i due dipinti Ricordanze e Bottega del calderaio; questi furono esposti nella stessa sala di Maternità di Previati e de Le due madri di Segantini.
Furono proprio l’incontro con la pittura di quest’ultimo e la scoperta dell’arte di Fontanesi ad influenzare notevolmente il suo percorso formativo.
Nel 1894 partì per un primo pellegrinaggio artistico in Francia, mosso dal desiderio di vedere le opere degli Impressionisti.
Studi e ricerche si susseguirono fino al 1897 quando dette inizio al grande quadro En plein air, definito da Pellizza “una forte promessa”.
Inviata alla Triennale di Brera, la tela non venne accettata per “le audacie dei rapporti cromatici, bollate di barbariche stonature”, ma un gruppo di giovani pittori, facenti capo a Giovanni Segantini, la espose al giudizio del pubblico in un negozio di Corso Emanuele.
Il quadro servì poi per rappresentare l’arte italiana all’Esposizione di Pietroburgo e a San Francisco permettendo al pittore di entrare nel cenacolo di Alberto Grubicy e di essere scelto da Segantini come collaboratore per realizzare il grande dipinto Panorama dell’Engandina per l’Esposizione di Parigi del 1900 insieme a Cuno Amiet e Giovanni Giacometti.
En plein air segnò quindi la sua definitiva adesione al Divisionismo.
Da questo momento fu sempre presente alle esposizioni nazionali ed internazionali ottenendo riconoscimenti ufficiali in Inghilterra, Belgio, America Latina.
Nel 1912 presentò quaranta quadri all’esposizione Anglo-Latina di Londra e, due anni più tardi, i trenta quadri alla Biennale veneziana.
Nel 1916 dipinse il suo quadro più grande, La conquista della terra, che sarà collocato nella sala del parlamento della Repubblica Argentina.
Sue opere sono conservate a Milano, presso la Galleria d’Arte Moderna (Fine d’inverno in Val Maggia), nella Quadreria dell’Ospedale Maggiore (Paesaggio di montagna) e nel Museo della Scienza e della Tecnica (Laghetto alpino).
Carlo Fornara morì a Prestinone nel 1968.
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Mattinata sulle Alpi
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Favretto Giacomo (1849-1887). Biografia. Quadri in vendita.
Giacomo Favretto nacque a Venezia nel 1849.
Le disagiate condizioni economiche della famiglia spinsero il padre, il falegname Domenico Favretto, a impiegare Giacomo come garzone in una bottega di un cartolaio dove, nei momenti di riposo, il ragazzo si dilettava nell’esecuzione di ritratti di clienti e animali.
Questi primi esperimenti di pittura non passarono inosservati agli occhi dell’antiquario Vincenzo Favenza che convinse il padre a indirizzarlo a un’educazione artistica sistematica.
Fra il '65 e il '70 Giaco Favretto seguì, infatti, i corsi di Grigoletti e di Molmenti all’Accademia di Venezia.
Nel 1873, con La lezione di anatomia (Milano, Galleria d’Arte Moderna), in cui si avverte la tendenza al più spiccato realismo, ottenne il primo successo all’Esposizione di Milano.
Le sue opere risentivano del verismo veneto, di cui egli è considerato l’iniziatore, e dell’influenza del pittore Cammarano, presente spesso a Venezia.
L’amicizia con Guglielmo Ciardi gli permise di avvicinarsi alla corrente macchiaiola. La svolta verso un più accentuato virtuosismo pittorico si ebbe ne Il Sorcio (esposto a Torino nel 1880) o in Vandalismo (esposto a Milano nel 1880).
Le ultimissime opere (Al liston, 1887, Roma Galleria Nazionale d’Arte Moderna; Liston Moderno, coll. privata) riassumono lo spirito dell’artista capace di leggere e di esprimere in chiave moderna l’anima della vita veneziana.
Giacomo Favretto morì nel 1887 a Venezia.
CATALOGO OPERE: Caldo - Ingresso in una casa patrizia in Venezia - Liston moderno
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Fattori Giovanni (1825-1908). Biografia. Quadri in vendita.
Giovanni Fattori nacque a Livorno nel 1825.
Cominciò a lavorare prestissimo presso il banco d’affari del fratello maggiore Rinaldo.
Dimostrando una spiccata inclinazione per il disegno, entrò nella scuola di Antonio Baldini, modesto pittore livornese, sotto il quale compì notevoli progressi.
Nel ’46 prese a frequentare, a Firenze, le lezioni di Giuseppe Bezzuoli.
L’anno successivo si iscrisse , con poca convinzione, all’Accademia di Belle Arti, dove con il suo temperamento indisciplinato conquistò la fama di scolaro molto vivace.
Perfettamente inserito negli ambienti democratici livornesi e fiorentini, nel ’48 visse i fermenti rivoluzionari partecipando in qualità di fattorino del Partito d’Azione all’attività clandestina.
Dal ’50 fu tra i frequentatori più assidui, insieme a de Tivoli e Signorini, del salotto pistoiese dell’architetto Francesco Bartolini e di sua moglie, la poetessa irlandese Luisa Grace.
Frequentò molto anche il caffè Michelangiolo, pur dimostrandosi poco incline alle discussioni artistiche e alle ricerche collettive.
Si dedicò invece ad alcuni temi storico-letterari, come dimostrano dipinti quali I figli di Edoardo IV divisi dalla madre e Ildegonda.
Terminati intanto gli studi accademici, per far fronte alle necessità economiche, disegnò vignette litografiche per diversi giornali;
Giovanni Fattori non abbandonò comunque il principale campo d’indagine, volto a una resa nitida del segno abbinata a forti contrasti tonali che ebbe il suo momento più significativo in Maria Stuarda al campo di Crookstone.
Spronato da Nino Costa, tentò i primi esperimenti di “macchia” dipingendo dal vero i soldati francesi di Gerolamo Bonaparte accampatisi, nella tarda primavera del ’59, al parco delle Cascine a Firenze.
Ancora su esortazione di Costa partecipò al Concorso Ricasoli, risultando vincitore con il bozzetto per Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta.
Nel luglio del ’60 sposò Settimia Vannucci e andò a vivere in via del Maglio a Firenze.
Durante questi primi anni di matrimonio non interruppe gli studi all’aperto come attestano opere quali Contadina nel bosco.
Nel ’64 lavorò a ritratti di familiari e amici come il ritratto de La Cugina Argia, il Ritratto della cognata, della Prima moglie e della Signora Mecatti .
Si dedicò anche a soggetti campestri di grande solennità e pacatezza; ricordiamo infatti: le Acquaiole livornesi, i Costumi livornesi e le Macchiaiole.
Opera quest’ultima che, esposta alla Promotrice fiorentina dell’anno successivo, fu positivamente accolta da Signorini tra le polemiche del pubblico e della critica.
Al periodo livornese risalgono anche alcune tavolette come La punta del Romito e Pastura in Maremma, anticipatrici dell’idea dell’impressione colta dal vero, che di lì a poco sarà alla base de La Rotonda di Palmieri.
Proseguì intanto la realizzazione di soggetti militari sia in grandi scene d’insieme, destinate solitamente alla committenza pubblica, come Carica di cavalleria a Montebello, Un fatto d’arme della guerra d’Italia del 1860, Passaggio del Mincio e Fanterie italiane alla Madonna della Scoperta (opera con la quale sarà premiato, nel ’68, al concorso Berti), sia in composizioni sempre più ridotte, interamente giocate sul dinamismo prospettico dell’evento rappresentato.
Nell’estate del ’67, poco dopo la morte della moglie, Giovanni Fattori fu ospite per la prima volta di Diego Martelli a Castiglioncello.
Qui condivise la precedente esperienza pittorica con il gruppo degli amici macchiaioli riuniti intorno allo scrittore, esercitando un’influenza particolare su Giuseppe Abbati.
Nello stesso tempo cominciò a dedicarsi a soggetti tratti dall’ambiente circostante: buoi bianchi al carro, cavalli bradi in pastura e contadini, riproposti in molteplici varianti.
Riscosse grandi successi cui fecero seguito importanti riconoscimenti ufficiali.
Nel ’69 ricevette, infatti, la prima nomina di docente presso l’Accademia fiorentina; a Parma, nel ‘70, ebbe un premio per il Principe Amedeo ferito a Custoza.
Nel 72, andò Roma, dove rivide probabilmente Costa e espose alla Società Amatori e Cultori Pastura, Maremma toscana, Boscaiole e Vedetta.
Al termine di un soggiorno a Parigi, dove si recò nel’75 in compagnia di Cannicci, Ferroni e Francesco Gioli, Giovanni Fattori fu ospite di quest’ultimo a Fauglia, nella campagna pisana, e a più riprese, tornò a lavorare nella casa di Martelli a Castiglioncello.
Nell’82 si spostò invece, su invito dei Corsini, in Maremma dove trasse spunto per opere ispirate alla vita dei butteri, quali La Marca dei Puledri, Mercato di pecore e Il riposo.
Queste opere, presentate all’Esposizione Internazionale di Venezia dell’87, testimoniano un nuovo modo d’interpretare il paesaggio.
Dall’86, diventato professore di perfezionamento all’Accademia, lasciò trapelare dai suoi quadri una sempre maggiore delusione per la svolta reazionaria subita dalla politica italiana.
Del ’91 è la querelle con alcuni dei allievi, sostenitori della corrente divisionista.
Rappresentò comunque il riferimento obbligato proprio per quella cerchia di pittori toscani che di lì a breve avrebbe dato avvio al rinnovamento artistico del Novecento.
Continuò intanto la sua intensa attività pittorica come attestano le numerose presenze alle più importanti esposizioni italiane e straniere.
Nel 1900, otto anni prima della morte, divenne membro dell’Accademia Albertina di Torino.
Giovanni Fattori morì nel 1908.
CATALOGO OPERE: Garibaldi a Palermo, Manovre di cavalleria, Paesaggio con buoi, Viale Principe Amedeo a Firenze, Carrozze alle Cascine, Paesaggio a Castiglioncello, Pasture in Maremma, L’attendente, Cavalleria italiana con cavalli a riposo, Conduttori di mandrie.
ANTOLOGIA CRITICA: Giovanni Fattori da «Ritratti d’artisti italiani» di Ugo Ojetti, 1911 (prima parte), Giovanni Fattori da «Ritratti d’artisti italiani» di Ugo Ojetti, 1911 (seconda parte),
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Per approfondire la conoscenza di Giovanni Fattori visita il nostro BOOKSHOP:
De Tivoli Serafino (1826-1892). Biografia. Quadri in vendita.
Serafino De Tivoli nacque a Livorno nel 1826.
Originario di Livorno, fin da ragazzo visse con la famiglia a Firenze.
Qui ricevette un’educazione classica al Collegio degli Scolopi.
Assecondando la sua vocazione, prese a frequentare, la scuola privata di paesaggio di Carlo Markò senior.
Arruolatosi tra i volontari toscani della Prima Guerra d’Indipendenza, nel ’48 combattè a Curtatone e Montanara e, l’anno seguente, partecipò alla difesa della Repubblica Romana.
Entrò in contatto con Gerolamo Induno, Eleutero Pagliano e Nino Costa, Rosa Bonheur e Decamps.
Al ritorno a Firenze fu introdotto da Pasquale Villari nel circolo di Margherita Albana Mignaty, mentre divenne con Signorini e Fattori uno dei frequentatori abituali del salotto dell’architetto pistoiese Francesco Bartolini e di sua moglie, la poetessa irlandese Luisa Grace.
Fece riferimento, inoltre, in alcuni paesaggi (Poggio di Fiesole visto dal canale del Cionfo, Paesaggio con vacche al Pascolo e Arno) a quella maniera “francese” destinata ad apparire così nuova e attraente agli occhi dei futuri Macchiaioli.
Tra i rari esempi pervenuti di questo nuovo indirizzo di ricerca sono due tele della fine degli anni Cinquanta, Il ponte di Legno e Il Pascolo con i relativi studi che, oltre a rivelare una perfetta integrazione tra gli spunti più all’avanguardia della pittura francese e la recente tradizione paesaggistica toscana, dimostrano una fattura, per dirla con Adriano Cecioni, “non mai brutale né agitata” ma “calma e senza pretensione”.
Purtroppo le enormi potenzialità de Tivoli e le aspettative nutrite nei suoi confronti dai contemporanei si esaurirono in fretta lasciando il posto a profonde delusioni.
Già, nel ’62, in occasione della Promotrice fiorentina, Signorini, infatti, evidenziò la tendenza alla cifra nelle opere più recenti.
Due anni dopo, a causa di una discussione politica con quest’ultimo, egli lasciò Firenze. Raggiunse il fratello Felice a Londra, dove si trattenne fino al ’73 quando si trasferì a Parigi.
Qui frequentò, soprattutto, la colonia degli artisti italiani di cui facevano parte Filippo Palizzi, Giuseppe de Nittis, Giovanni Boldini e Vito d’Ancona.
Tornato a Firenze, espose alla Promotrice, dove aveva debuttato con un Paese di composizione nel ’48, alcuni quadri raffiguranti paesaggi laziali, un episodio tratto dalla storia di Roma antica e un Motivo presso il lago di Massaciuccoli.
Tra i primi frequentatori del Caffè Michelangiolo, ne divenne prestissimo uno degli animatori più vivaci, introducendovi artisti più giovani come Telemaco Signorini e Odoardo Borrani e stringendo un’amicizia particolare con Vito D’ancona e con il caricaturista Angiolo Tricca.
Continuò, a partecipare alle più importanti manifestazioni italiane, presentando alle Promotrici fiorentine alcuni dipinti frutto delle gite nell’alta Lucchesia e lungo il corso dell’Arno.
Nel ’55 visitando con Altamura l’Esposizione Universale di Parigi, apprezzò enormemente la pittura della Scuola di Barbizon.
Dal ’76 al Salon espose regolarmente opere frutto delle gite in Normandia e a Bougival, dimostrando una completa adesione ai modi dell’Impressionismo.
Rientrato a Firenze assai provato e in miseria, riprese a dipingere con i vecchi amici nella campagna circostante.
Nel ’91 inviò un quadro a Milano dal titolo A Marly-le-roi ; da allora non mancò di partecipare ogni anno alle Promotrici fin quando, povero e ammalato, si ritirò in una casa di riposo ebraica.
Serafino De Tivoli morì nel 1892.
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De Pisis Filippo (1896-1956). Biografia. Quadri in vendita.
Filippo De Pisis nacque a Ferrara nel 1896.
Terzo di sette fratelli, Filippo de Pisis (pseudonimo di Luigi Filippo Tibertelli) non frequentò le scuole pubbliche ma seguì privatamente gli insegnamenti di alcuni precettori.
Nel 1904 iniziò a disegnare sotto la guida del professore Odoardo Domenichini.
Di nascosto, però, per non ferire il professore, prese lezioni di disegno anche da Angelo e Giovanni Longanesi.
Le sue due prime tavolette - Uccelli e Le passere - risalgono al 1908.
Chiamato a Venezia per la visita militare, venne riformato ma colse l’occasione per studiare Tiziano, Tintoretto e Tiepolo.
Spirito versatile, fu pittore, scrittore e appassionato di botanica (il suo erbario era composto da 1200 fogli).
Nel 1914 si interessò alla poesia futurista e si stabilì a Bologna per frequentare la Facoltà di Lettere.
Tenne corrispondenza con Pascoli e il giovane Gabriele D’Annunzio.
Dopo aver scritto prose, liriche e poesie riunite ne I Canti della Croara e in Emporio, nel 1920, trasferitosi a Roma,si dedicò alla stesura del saggio La città delle 100 meraviglie dove è evidente l’influenza dei fratelli de Chirico.
Nel 1925, in cerca di nuovi stimoli per l'arte, si recò a Parigi per rimanervi quattordici anni.
Qui conobbe Braque, Picasso, Matisse, Cocteau, Max Jacob e Joyce.
Nell’aprile dello stesso anno espose alla Galleria Carmine e, nel 1926, alla Galleria Au Sacre du Printemps, in una mostra organizzata dal mercante Siews.
Sempre in quell’anno fu invitato per la prima volta alla Biennale veneziana.
Nel 1928 prese parte al Salon de l’Escolier in occasione della mostra Les artistes italiens de Paris; uscì inoltre la prima monografia a lui dedicata scritta da Waldemar George.
Negli anni seguenti si susseguirono senza sosta le partecipazioni dell’artista ferrarese alle più importanti rassegne espositive milanesi, romane e parigine.
Nel ‘33 si recò a Londra dove fissò alcuni scorci urbani.
Sei anni dopo , in seguito allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, dovette lasciare Parigi e far ritorno in Italia: qui trascorse brevi soggiorni a Venezia, Rimini, Bologna, Vicenza per poi sostare a Milano presso l’albergo "Vittoria" in via Durini.
Quattro anni più tardi, a seguito dei bombardamenti nel capoluogo lombardo, si trasferì a Venezia dove, l’anno successivo, acquistò una casa.
Girando per le calli in tenuta da “pittore”, con il cavalletto e il pappagallo Cocò sulla spalla, eseguì splendide vedute della città lagunare.
Nel ’47 espose a New York, l’anno seguente alla Biennale (dove fu presente dagli anni Trenta al ’56, con una vasta retrospettiva).
Si manifestarono intanto i primi sintomi della malattia nervosa che lo avrebbe portato a lunghe degenze in clinica.
Dal ’49, tranne brevi soggiorni, fu a Brugherio a Villa Fiorita, dove restò fino alla morte.
Nella serra della casa di cura dipinse le sue ultime nature morte.
Nel ’51 il Castello Estense di Ferrara ospitò la sua prima antologica.
Nel 2006 la città natale gli ha dedicato una mostra commemorativa a 50 anni dalla scomparsa.
Filippo De Pisis morì a Ferrara nel 1956.
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De Nittis Giuseppe (1846-1884). Biografia. Quadri in vendita.
Giuseppe De Nittis nacque a Barletta nel 1846.
Dopo aver appreso i rudimenti dell’arte dal concittadino Giambattista Calò ed essersi trasferito, a seguito del fratello maggiore Vincenzo, a Napoli, s’iscrisse all’Istituto di Belle Arti.
Qui frequentò i corsi di Giuseppe Mancinelli e Gabriele Smargiassi, e iniziò a dedicarsi ad alcuni studi dal vero.
Studi che, due anni dopo, esentato da ogni impegno scolastico in seguito all’espulsione dall’Accademia per motivi disciplinari, intensificò cimentandosi, a diretto contatto con Marco De Gregorio, Federico Rossano e Adriano Cecioni, in una rinnovata pittura di paesaggio dai tratti decisamente antiaccademici.
Sono della metà degli anni Sessanta dipinti quali Casale nei dintorni di Napoli e L’Ofantino.
Erano questi caratterizzati da una resa nitida, quasi fotografica del reale, ma non esenti, talvolta, come nel sorprendentemente maturo Appuntamento nel bosco di Portici, da intuizioni analoghe alle ricerche coeve dei pittori toscani.
Nel ‘67, terminata con la maggiore età la tutela del fratello Vincenzo, compì un viaggio a Roma.
Si recò poi per alcuni mesi a Parigi dove visitò lo studio di Meissonier e conobbe il mercante d’arte Goupil.
Di ritorno fece tappa a Firenze.
Pur sostandovi per un breve periodo, con due studi dal vero e tre quadri presentati alla Promotrice, ma non registrati in catalogo, lasciò un segno profondo negli artisti, che lo accolsero benevolmente.
Sul finire dell’anno espose alla Promotrice di Napoli.
Qui, nel ’64, aveva esordito con le due versioni del dipinto L’avanzarsi della tempesta, Impressioni nelle pianure di Puglia e Una traversata negli Appennini-Ricordo.
Quest’ultimo che venne acquistato dal re Vittorio Emanuele II per la Reggia di Capodimonte.
Fermatosi in Puglia per alcuni mesi, nel ’68 fu di nuovo, salvo periodici rientri in Italia, a Parigi.
Qui, dopo aver sottoscritto un vantaggioso contratto con la Maison Goupil e uno con il mercante tedesco Reitlinger, sposò la giovane Léontine Lucile Gruvelle.
Cominciò quindi a circondarsi delle personalità più in vista della cultura del tempo tra cui Edmond de Goncourt, Dumas figlio, Daudet, Zolà, Degas e Manet.
Al ’69 risale il debutto al Salon con Bosco di Puglia e alcuni quadri in costume alla maniera di Meissonier e Fortuny.
Nella primavera del ’70 rivide Cecioni che fu suo ospite per un lungo periodo prima di trasferirsi in rue Lepic; ma fu proprio da alcuni contrasti sorti durante questa stretta convivenza che l’amicizia tra i due entrò in una crisi profonda.
Costretto dallo scoppio della guerra franco-prussiana, tornò in Italia dove, dopo aver confermato i noti accordi con Goupil, si trattenne probabilmente per esigenze di mercato prima in Puglia poi in Campania, dipingendo a fianco di Signorini, Rossano e De Gregorio, la serie delle Vedute del Vesuvio, secondo una rinnovata semplificazione cromatica e formale perfettamente in linea con il gusto del tempo.
Rientrato a Parigi a metà febbraio del ’73, si dedicò a una pittura d’immediata notazione di costume, attenta ai simboli della modernità, restituendo in opere come Guidando al Bois, Ritorno dalle corse e Che freddo (con il quale si distinse al Salon del ’74) un vivace spaccato della vita della capitale.
Su invito di Degas, partecipò, inoltre, con cinque dipinti alla prima Esposizione degli Impressionisti al Boulevard des Capucines, nello studio del fotografo Nadar.
Trascorse la primavera e l’estate del’74 a Londra dove ottenne altrettanto successo che in Francia.
Da allora, dividendosi tra Parigi, Londra e l’Italia, ebbe modo di affinare sempre più le capacità di acuto osservatore della realtà.
Si concentrò soprattutto su alcuni aspetti della vita metropolitana legati alla mondanità, all’eleganza, al brulichio di figure colte nei momenti di tempo libero o di svago, così ben rappresentato in Place des Pyramides.
Uno dei suoi temi prediletti continuò, però, ad essere quello delle corse e delle passeggiate equestri, amate dagli impressionisti e in particolare da Degas.
Lo attestano oltre che il dipinto Flirtation, il trittico delle Corse ad Auteuil e i quadri delle Corse a Longchamps.
Fu, frattanto, introdotto dall’amico Edmond de Goncourt, con il quale condivise la passione per l’arte giapponese, nel salotto della principessa Matilde Bonaparte, rievocato in un grande quadro dell’83 (Barletta, Museo Civico).
Giuseppe De Nittis morì a Saint-Germain-en-Laye (Francia) nel 1884.
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