Le cessioni della collezione accumulata in 40 anni restano attività occasionale
Di Antonio Porracciolo, da Il Sole 24 Ore, 3 dicembre 2018
Riportiamo nel BLOG della Società di Belle Arti il seguente articolo:
La vendita di un patrimonio artistico da parte di un collezionista, avvenuta molto tempo dopo i relativi acquisti, non integra attività imprenditoriale.
E’ la conclusione alla quale è arrivata la Ctr Piemonte (presidente Giusta, relatore Mina) nella sentenza 1412/3/2018 del 18 settembre.
La controversia trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento, con cui l’agenzia delle Entrate aveva recuperato e tassato 60mila euro, che un contribuente aveva ricavato dalla vendita., nel 2010 e 2011, di opere d’arte i sua proprietà.
Secondo il Fisco, infatti, si era trattato di alienazioni riferibili all’esercizio di attività commerciale, perché connotate dai requisiti di abitualità e professionalità.
La Ctp, accogliendo il ricorso, aveva annullato l’avviso.
Le Entrate hanno allora presentato appello, sostenendo che, in base a quanto previsto dagli articoli 4 del Dpr 633/1972 (“Esercizio di imprese”) e 55 del Tuir (“Redditi di impresa”), l’acquisto e la rivendita di opere d’arte integrano, di per sé, gli estremi dell’attività d’impresa, nella quale non rientrano solo atti isolati di commercio di beni.
Peraltro – ha sostenuto l’appellante – si era trattato di vendite effettuate anche negli anni precedenti a quelli oggetti dell’accertamento, da cui il contribuente aveva ricavato l’importo complessivo di oltre 600mila euro.
Dal canto suo, l’appellato ha dedotto di aver acquistato le opere d’arte nel corso di quarant’anni, “con intento non speculativo, ma di collezionismo”, e di averle dovute rivendere per far fronte a sopravvenute vicende giudiziarie.
Nel respingere il ricorso, la Ctr rileva che l’Agenzia aveva ritenuto esistente un’attività commerciale “in base ai soli introiti” dichiarati dal contribuente dopo le vendite in discussione.
Troppo poco, secondo la Commissione d’appello , perché si possa affermare la sussistenza “dello svolgimento professionale di un’attività economica finalizzata alla produzione e/o allo scambio di beni e servizi” (articolo 2082 del Codice civile).
Infatti , “un conto è la dismissione di opere d’arte”, avvenuta in modo massiccio molto tempo dopo le relative acquisizioni, “altra cosa è lo svolgimento di un’attività imprenditoriale” nell’ambito della compravendita di opere d’arte.
La prima non è soggetta a tassazione, essendo “normale che un collezionista acquisti e venda opere d’arte allo scopo di arricchire la propria collezione”; sicché, in conclusione, la creazione di una collezione d’arte non integra “la ripetizione di atti di commercio”, propria dell’esercente professionale di un’attività imprenditoriale.
Peraltro, l’Agenzia non aveva provato il carattere abituale e professionale dell’operato del contribuente.
Che, a sua volta, aveva invece dimostrato di aver effettuato gli acquisti “in ambito meramente culturale” e in “ottica amatoriale” in quarant’anni , documentando anche la scelta di rivendere il proprio patrimonio artistico.
La Ctr ha confermato la sentenza di primo grado, nella parte in cui era stata esclusa la ripresa a tassazione dei proventi delle vendite.
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